Nuovi Mondi – Parte 6^

Con tutta calma, sempre osservandomi intorno, procedo nel mio cammino. Prima di raggiungere la piccola città, in una valle, vengo accerchiato da dieci soldati armati di lance, abbigliati con vesti simili a quelle viste nei libri che raffiguravano quelle degli antichi romani. Dopo aver udito per un po’ il loro modo d’esprimersi riesco a comprendere e parlare la loro lingua, loro si tranquillizzano ed io faccio una battuta ironica sulla loro “evoluzione” confrontandola con quella dei loro vicini. Dall’alto di una collina vedo arrivare un altro soldato il quale mi chiede come mai conoscessi la loro lingua ed indossassi quegli strani abiti. Io gli rispondo di venire da un altro mondo, d’essere in grado di apprendere in fretta qualsiasi linguaggio e di saper fare altre cose per loro impossibili. Mentre discutiamo mi sollevo da terra rimanendo sospeso in aria. Meravigliato mi chiede di dargli altre dimostrazioni  delle mie capacità ma io, ignorando la sua richiesta, gli chiedo di accompagnarmi dal suo capo. Egli obbedisce e si stupisce. Il loro sovrano mi riceve entusiasta congedando il soldato e rassicurandolo sulle mie intenzioni, in quanto a suo dire non rappresento un rischio per la sua incolumità. Chiedo al monarca se in quella città, o in qualche altra a loro vicina vi sia un’altra persona che, come me, è in grado di fare cose fuori dall’ordinario. Egli mi risponde sicuro di no, per quanto concerne la sua città, asserendo che se ci fosse stata sarebbe già al suo servizio, ma di non sapere se esistente oltre i confini da egli esplorarti. Dopo avergli fatto notare la differenza dell’accoglimento che mi è stato riservato rispetto alla prima civiltà incontrata e da loro considerata “primitiva”, ed aver da lui ricevuto l’assicurazione che avrebbe provveduto ad impartire urgenti disposizioni affinché si abbandonasse il ricorso a tali, ignobili, ostilità, lo saluto soddisfatto e vado via. Passeggiando vengo ancora rapito dalla bellezza del paesaggio e non mi rendo conto del tempo che passa e dello spazio percorso. Poi noto che il territorio circostante cambia ed inizio a vedere in lontananza quella che appare essere una strada asfaltata. La raggiungo e la percorro per circa un’ora, fino a giungere in una città apparentemente simile a quelle della vecchia Terra. Il mio sguardo si posa su di una ragazza di circa 15 anni che s’appresta, con evidente difficoltà, ad attraversare la strada. Ha evidenti problemi alla vista ma, in qualche modo scorge la mia presenza. Mentre l’attraversa sopraggiungono due veicoli nelle opposte direzioni che rappresentano un evidente, incombente pericolo per la sua incolumità. Con la sola forza del pensiero riesco a sollevarla e portarla vicina a me. Lei, non essendosi resa conto dell’accaduto e continuando a camminare, mi viene addosso, scusandosi.  Mi chiede come sia riuscito in quell’impresa ed io le rispondo che sono sorpreso quanto lei, non sapendo, prima d’allora, di poterlo fare. Ella mi chiede allora se sono in grado d’attrarre anche gli oggetti al che io mi concentro sulle tasche dei suoi pantaloni e, come per incanto, un piccolo specchio è già sulla mia mano destra. Sorridiamo, entrambi soddisfatti della riuscita dell’esperimento, quindi mi chiede di restituirle il suo specchio. Io glielo porgo e la invito a chiudere gli occhi, lei non capisce ma obbedisce. Le dico di riaprirli ed ella inizia a piangere di gioia… ha miracolosamente riacquistato la vista! Dice di vederci ora benissimo, più di quanto non ci vedesse prima d’ammalarsi. Si guarda sorpresa allo specchio che è nelle sue mani, ed afferma d’essere cresciuta. A quel punto le chiedo cosa significasse ora per lei quell’oggetto, ed ella, serenamente, mi confida che le ricorderà per sempre il momento del nostro incontro. Io le dico che, pur avendo riacquistato la vista, sta per fare di quell’oggetto una reliquia, qualcosa che esula dal suo corretto utilizzo; lei afferma di capire ciò che le ho appena detto e lo ripone nella tasca dei pantaloni. Le chiedo allora di descrive la mia persona, esortandola ad andare oltre le apparenze. Lei inizia dicendo che, innanzitutto, sono una persona diretta e poi afferma che, probabilmente, le sto nascondendo qualcosa. Io le dico che sto cercando una persona con le mie caratteristiche e che avrei accettato volentieri il suo aiuto. Lei mi confida a malincuore che vorrebbe tanto essere lei quella persona speciale ma di sapere, probabilmente, a chi mi riferivo. Quindi mi da appuntamento per l’indomani davanti ad un istituto scolastico, indicandomelo sulla sua sinistra e portandosi il dito indice dell’altra mano sul labbro inferiore,  schiacciandolo leggermente. Mi saluta senza che ci scambiamo i nomi, affermando che l’avremmo fatto al prossimo incontro, e se ne va. Mi guardo intorno e vedo tanta gente indaffarata. Mi torna allora in mente la tranquillità e la serenità degli abitanti del primo villaggio che ho visitato su quel pianeta e … improvvisamente sono di nuovo in mezzo a loro. La coppia di vecchi saggi sta parlando alla tribù. Ascolto dalle retrovie senza disturbare e così passa il tempo. I soli tramontano ed in me nasce la curiosità di seguirli nell’altra parte del pianeta. Detto e fatto! Mi ritrovo in mezzo ad una civiltà a metà tra quella egizia e quella mitologica di Atlantide. Quest’ultima intesa come una popolazione dotata di particolari capacità sensoriali attraverso cui domina energeticamente la materia e gli altri elementi (acqua, fuoco, aria). Prima che arrivassi presso di loro avevano già ultimati i preparativi per la festa d’arrivo in mio onore. La cosa m’incuriosisce non poco …

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